L’ansia e l’esigenza di essere connessi, la corsa al consumo, la partecipazione ai riti promossi dal sistema dei media, sono solitamente letti come atti individuali di liberi cittadini che esercitano il loro diritto di scelta; si tratta di un punto di vista legittimo e comprensibile che mettendo in risalto alcuni aspetti altri ne nasconde. Nessuno vieta però di assumere altri punti di vista, mettendo in risalto ad esempio la complicatissima organizzazione della società entro cui le persone vivono; in quest’ottica il mondo ci appare costituito e dominato da un gigantesco sistema interconnesso, che sembra impegnato a crescere e rafforzarsi a prescindere dalle intenzionalità dei singoli che perseguono i propri interessi e ricercano la felicità in modi che sono ampiamente condizionati se non determinati dal sistema stesso.
Negli ultimi decenni l’accoppiamento tra sistema sociale e sistema tecnico è diventato molto stretto, al punto che moltissime delle nostre azioni quotidiane non sembrano più possibili se si prescinde dalla loro base tecnologica. Oggi viviamo all’interno di una mega-macchina socio-tecnica di cui siamo nostro malgrado parti e componenti costitutive.
# 1. Si tratta solo di una metafora un po’ inquietante o è una descrizione veritiera, un concetto realistico che può aiutare a comprendere un po’ meglio il nostro mondo civilizzato e la vita che in esso conduciamo? Vediamo.
Possiamo immaginare la mega-macchina come composta da grandi infrastrutture e piattaforme tecnologiche, organizzazioni ed istituzioni, aggregati culturali, processi interconnessi, macchine sempre più intelligenti e miliardi di persone diversamente collegate tramite la tecnologia. L’orologio, il mercato, la gerarchia, il diritto, inteso come fonte delle regole legittime del suo funzionamento, ne sono componenti imprescindibili, connesse tra di loro dal principio di efficienza. Il primo, orologio, misura e quantifica il tempo in modo lineare ed uniforme, consentendo di sincronizzare e pianificare le infinite attività umane che costituiscono la vita sociale ed economica. Il secondo, mercato, coordina come una mano invisibile ed impersonale, efficiente per definizione, gli scambi tra tutti gli attori, singoli e collettivi, partecipanti. La terza, gerarchia, organizza il potere all’interno di ogni entità strutturata sia essa uno stato, un azienda, un esercito, una politica. Il quarto, diritto, definisce le regole e le legittima rendendole obbligatorie con tutta la forza degli apparati deputati al mantenimento dell’ordine costituito. La tecno-scienza ne rappresenta in un certo modo la mente, mentre le tecnologie rappresentano infine e sempre più spesso, l’ossatura, i muscoli e l’apparato nervoso di questa immane sistema, ciò che ne amplifica ed esalta la potenza.
Malgrado le sue singole componenti diventino sempre più specializzate e sovente auto-referenti, la mega-macchina è in costante avanzamento nella direzione di una sempre maggiore integrazione a livello planetario: lo vediamo chiaramente nei processi di globalizzazione, nella diffusione di internet e nell’applicazione delle tecnologie digitali in ogni settore economico; lo osserviamo nella eliminazione delle barriere agli scambi economici e finanziari, nella nascita di normative sempre più astratte che pretendono di avere validità universale surrogando e mettendo in discussione i contenuti delle carte costituzioni nazionali.
Lo cogliamo chiaramente nella mobilità estrema delle classi creative, nelle elite di tecnici, scienziati ed ingegneri, che parlano un unica lingua veicolare, condividono medesime forme di sapere, si muovono con disinvoltura su un palcoscenico che comprende tutta la terra.
Da tempo lo vediamo all’opera nelle imprese multinazionali, grandi protagonisti del mutamento in corso; la tendenza appare con tutta evidenza nell’iper-specializzazione delle competenze e nell’applicazione sistematica di tecniche codificate ad ogni possibile campo di attività umana, nell’industrializzazione di ogni processo di trasformazione e nella sostituzione incessante del lavoro umano con quello delle macchine intelligenti.
L’ipotesi potrebbe sembrare fantascientifica ma, per capire che non è poi così lontana dalla realtà, basta prendere in esame un qualsiasi oggetto della vita quotidiana come, ad esempio, il nostro amato smartphone: esso incorpora un enorme mole di conoscenze che hanno consentito di dar forma intelligente a materiali inerti provenienti da mezzo mondo; esso è giunto nelle nostre mani grazie ad un gigantesco ed oscuro processo in cui sono coinvolte migliaia di persone. Ricostruire la rete di processi che ha reso possibile tutto questo, oggi, diventa più facile grazie alle tecnologie digitali; le stesse che consentono di raccogliere, conservare ed elaborare, tutte quelle informazioni che ognuno di noi fornisce semplicemente utilizzando il device preferito o muovendosi in un ambiente sempre più “sensorizzato” e controllato.
La finanza rappresenta forse il settore più altamente integrato e digitalizzato: non a caso, essa sta al timone di comando della mega-macchina. La politica, che in un altro modello sociale e sotto altre condizioni strutturali, doveva esprimere i fini, è diventata essa stessa un attributo di quella e il suo scopo prioritario sembra ormai divenuto quello di rimuovere gli ostacoli alla sua affermazione, di promuoverne il rafforzamento e l’ampliamento, poiché la sua vitalità sembra essere, anche per molti politici, l’unico meccanismo in grado di garantire la prosperità e la vita civile.
Agli occhi dei suoi sostenitori la mega-macchina sembra ormai crescere allo stesso modo naturale con cui cresce una foresta; agli occhi dei suoi detrattori si diffonde con la stessa pervicacia di una malattia che minaccia un organismo non più sano. Ogni nuova connessione internet, ogni telecamera installata sul territorio, ogni norma che libera il flusso di merci e capitali oppure intralcia e impedisce scambi propri dell’economia informale, rappresenta un passo in quella direzione.
Nel suo implacabile cammino di sviluppo la mega-macchina procede per balzi e contraccolpi. Crescita del PIL e occupazione sono le variabili fatte proprie dal senso comune che rappresentano, per così dire, la parte socialmente accettata del meccanismo generale che spinge verso un controllo sempre più diffuso e un’integrazione crescente. La sua capacità produttiva e ri-produttiva sembra quasi infinita e, laddove essa non riesce a convincere attraverso la forza dei suoi numerosi apparati retorici, distrugge avvalendosi dei mezzi messi a disposizione dalla tecno-scienza.
# 2. La vita in questo nuovo ambiente tecnologico sta forse diventando simile a quella artificiale dei protagonisti del film Matrix? O anche questa è semplicemente una metafora, straordinariamente pessimistica, da considerare con attenzione per quello che può far comprendere del nostro modello di vita? Vediamo.
Malgrado tutto, la vita sociale non è mai apparsa cosi complessa, per certi versi così libera e stimolante; immerse in un mondo di merci e servizi le persone sembrano cercare una loro identità innanzitutto nel consumo. Ogni desiderio diventa prima pretesa e quindi diritto. Ogni persona che nasce e cresce in questo sistema viene addestrata come consumatore e portatore di infiniti bisogni che devono essere soddisfatti. I miti di progresso, libertà e democrazia sostengono a livello sociale lo sviluppo della mega macchina quando le sue esternalità diventano insostenibilmente imbarazzanti. Le distruzioni prodotte dai meccanismi espansivi alla periferia del nucleo più avanzato del sistema generano flussi migratori colossali che diventano a loro volta spinte per rafforzare ulteriormente il sistema; le esternalità che ricadono all’interno si traducono nella corruzione dei vincoli di fiducia, nell’aumento dell’insicurezza percepita, provocando richieste di maggiore controllo, che applicate, contribuiscono all’espansione della mega-macchina. L’impossibilità di incidere concretamente sul suo funzionamento da parte di un numero crescente di cittadini ha spostato la loro attenzione verso una feroce difesa dell’interesse personale.
La forza di attrazione che essa esercita resta però irresistibile: per miliardi di persone l’importante non è vivere bene ma poter vivere all’interno del sistema, goderne i frutti, farne parte, esserne protagonisti e non venirne espulsi. Bene o male che sia il mondo sembra diviso in due: persone incluse e connesse (forse dipendenti) e persone escluse (che tentano di sfuggire dal o di entrare nel sistema); questa dicotomia si allarga a tutto il vivente contrapponendo, ad esempio, gli animali domestici umanizzati che vivono nelle famiglie e sono curati come figli, agli animali trasformati in oggetti di consumo, ridotti a macchine da carne o a variabili della produzione. I primi sono trattati e curati oltre ogni naturale esigenza in modi che sono decisamente preclusi agli umani che si trovano fuori dal sistema; dei secondi si stenta a riconoscerne la natura di esseri viventi posto che è diventato impossibile collegare la salsiccia o la bistecca alla bestia che per produrla è stata sacrificata.
# 3. Usando un pizzico di fantasia, possiamo tentare di interpretare e un poco spiegare i drammatici cambiamenti di questi anni usando un simile quadro di riferimento? Da un lato avremo dunque un immenso tecno-sistema che diventa sempre più integrato e pervasivo, che assume forma di un ambiente di vita esclusivo, sostituendosi a quello che era l’ambiente naturale; dall’altro, un sistema sociale turbolento e composito che regredisce spesso verso aspetti meramente utilitaristici ed egoistici ma che è sempre impegnato nella costante ricerca di senso. Non è in quest’ottica privo di significato il ritorno di termini quali comunità, clan, branco, banda, setta e tribù che sembravano superati dal cammino trionfante della modernità razionalizzatrice; né può essere sottaciuto il diffondersi rapidissimo di discipline, pratiche e professioni specificatamente centrate sull’aiuto emotivo, psicologico, religioso e spirituale.
Persone che ormai non sono più in grado di vivere indipendentemente dal sistema, si aggregano per necessità in forme non previste dal sistema stesso; persone che cercano speranza sfuggendo per quanto possibile da esso si attivano per costruire comunità e ambienti significativi di vita fondati su presupposti differenti, a volte religiosi a volte tradizionali; persone volenterose si aggregano nelle infinite forme del non profit per affrontare i disagi e i problemi generati dal funzionamento impersonale della mega macchina; altre persone travolte dai meccanismi del sistema sono abbandonate a se stesse e sempre più spesso dipendono dal buon cuore degli altri perché il sistema ha smesso di prendersene cura.
Da una parte ci sono dunque le forze che tendono a rafforzare ad ogni costo il sistema socio-tecnico planetario, dall’altra una vasta costellazione di forze che ricercano nel umano sociale fonti di gratificazione che quel sistema non è più in grado di garantire. I due livelli sono ora contrapposti ora e più frequentemente intrecciati in forme che assumono colorazioni politiche e sociologiche assai diversificate.
Non mancano i profeti della tecno-scienza che predicano un evoluzione verso il transumano potenziando i corpi delle persone con le biotecnologie, connettendoli direttamente alle macchine intelligenti, fino a pensare di scaricare le menti su un supporto digitale per conquistare una forma di immortalità. Non mancano coloro che rifiutando l’attuale sistema, si adoperano per trovare alternative sociali capaci di risolvere la crisi, creando un mondo nuovo fondato su presupposti differenti da quelli del neoliberismo finanziario imperante. Non mancano neppure innovatori sociali che credono sempre più necessaria una nuova pedagogia che insegni a vivere nella consapevolezza accettando la complessità e la sfida. Non mancano infine i complottisti che immaginano regie e piani occulti portati avanti nell’ombra da oscuri e innominabili poteri.
# 4. Dunque a chi credere? Dobbiamo forse pensare che tutti hanno ragione? O forse è meglio non pensarci neppure e seguire l’interesse del momento senza porsi domande inquietanti? E, soprattutto, che fare visto che in questo mondo dobbiamo vivere (bene) e senza sprecare la possibilità unica che abbiamo a disposizione.
Per vivere bene in questo mondo, per contribuire ad un evoluzione che non sia semplicemente distruttiva, per indirizzare bene le potenzialità offerte dalla tecno-scienza evitando contrapposizione meramente utilitarie o ideologiche, occorre riscoprire il senso delle virtù e delle doti morali, riscoprire la cifra della socialità e della relazione, recuperare il senso di responsabilità ad ogni livello; serve consapevolezza non disgiunta da un sano senso dell’umorismo, serve la leggerezza descritta da Italo Calvino e la capacità di prendersi cura della vita nei suoi aspetti più umili. Serve semplicità e capacità di guardare a fondo dentro se stessi. Accettando saggiamente che un nuovo futuro sta emergendo in forme che non si riescono ancora a vedere e comprendere chiaramente.
Forse è venuto il momento di superare l’idea perversa che i vizi privati si trasformino magicamente in pubbliche virtù. Forse è venuto il momento di pensare che non è sufficiente essere connessi se mancano le risorse cognitive e culturali per discernere e valorizzare le opportunità offerte dalle nuove tecnologie. In un mondo ad alto contenuto tecnologico occorre recuperare al più presto lo spessore e la profondità dell’essere genuinamente umani.