Dati liberi e gratuiti: dal debito informativo alla trasparenza

Posted by on 9 Giugno 2010 in Blog | 1 comment

Dati liberi e gratuiti: dal debito informativo alla trasparenza

Per loro natura tutte le organizzazioni sono avide di dati: ne richiedono in quantità industriale, ne producono in enorme quantità e solo in parte le utilizzano. L’informazione infatti è un segnale, un segno e un simbolo e non solo una variabile per la presa di decisione come alcuni pensano. Perché allora non mettere a disposizione questo patrimonio largamente inutilizzato nelle PA rendendolo fruibile ai cittadini?

Le Amministrazione Pubbliche sono una enorme miniera di dati: si tratta di un patrimonio ampiamente inutilizzato e spesso poco utilizzabile, vuoi per la difficoltà di accesso, vuoi per la scarsa conoscenza che ne hanno i cittadini, le imprese e i settori stessi della PA. La scarsa diffusione di queste informazioni è una delle cause che spinge vari settori dell’Amministrazione a ricercare e produrre sempre nuove informazioni, senza valorizzare quelle già disponibili, generando spreco e inefficienza.  Non a caso si parla di debito informativo per rappresentare l’obbligo da parte delle organizzazioni di rispondere alle richieste di informazione avanzate separatamente ed indipendentemente dalle varie componenti della PA. E’ assodato che queste richieste continue e pressanti finiscono con il gravare pesantemente sulle risorse delle organizzazioni costrette, loro malgrado, a diventare produttrici di informazione. La situazione è aggravata dal fatto che, a fronte della urgenza delle richieste, il produttore non riceve solitamente alcun ritorno che sia utilizzabile localmente né coglie un reale  valore aggiunto associabile alle attività realizzate. Spesse volte i produttori ignorano completamente gli scopi della raccolta e perfino l’identità dei richiedenti: non stupisce affatto che essi rispondano alle richieste, vissute come inutili ed aggiuntive rispetto alle routine di lavoro, in modo superficiale, a volte inventando i dati richiesti. L’informazione, si sa, non è un semplice “dato” conoscitivo e decisionale ma è anche un segnale, un simbolo, una risorsa associata alla produzione e distribuzione del potere; infine la balcanizzazione tipica delle grandi e delle piccole amministrazioni nasconde piuttosto che mettere in risalto le risorse informative disponibili, spinge a raccogliere nuove informazioni anziché ricercare ed utilizzare quelle già disponibili.

I dati in possesso delle Pubbliche Amministrazioni restano quindi un patrimonio informativo ridondante, incompleto, costoso; una miniera sicuramente preziosa ma largamente sconosciuta ed ampiamente inutilizzata.

A fronte di questo e giustamente la Direttiva 2003/98/CE del Parlamento europeo definisce i dati pubblici “un’importante materia prima per i prodotti e i servizi imperniati sui contenuti digitali.”

Per fortuna le nuove tecnologie digitali consentono un approccio differente al problema dei dati e al loro utilizzo; per fortuna esiste un movimento per il riuso dei dati che si fonda sulla messa a disposizione di queste informazioni e che ha l’obiettivo di costruire un nuovo rapporto tra settore pubblico e settore privato. La Regione Piemonte ad esempio ha avviato un percorso che va nella direzione dello sviluppo di democrazia digitale mettendo a disposizione il sito  http://www.dati.piemonte.it .

La disponibilità di “dati grezzi”, in forma di matrice caso * variabile, ancora non interpretati, ribalta i ruoli consueti tra “utente ” e PA mettendo nelle mani di imprese e di cittadini la possibilità di analizzare e costruire liberamente ipotesi e conclusioni in funzione della propria competenza e dei propri obiettivi conoscitivi. Si tratta di un reciproco esercizio di responsabilità che si fonda sulla valorizzazione di un bene comune destinato a diventare nel tempo sempre più importante.

Un grande vantaggio anche per chi si occupa professionalmente di valutazione, formazione e consulenza strategica.

One Response to “Dati liberi e gratuiti: dal debito informativo alla trasparenza”

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    Bruno Vigilio Turra says:

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