28 elementi da osservare per valutare la qualità della rete nel Piano di Zona

Posted by on 26 Ottobre 2013 in Blog | 1 comment

28 elementi da osservare per valutare la qualità della rete nel Piano di Zona
La nozione di rete è particolarmente diffusa nel contesto dei servizi sociali ed è in relazione diretta con lo strumento programmatorio Piano di Zona (PdZ). Vista dall’interno del sistema dei servizi una rete appare come un insieme di risorse e di opportunità conosciute ed attivabili per affrontare problemi ai quali una singola organizzazione non potrebbe rispondere da sola. Vista dall’esterno si manifesta nel processo finalizzato di aggregazione di risorse apparentemente differenti in vista di uno scopo comune.  La rete in questo senso può essere pensata come una struttura di capacità dai confini aperti, all’interno della quale possono essere attivati segmenti differenti per raggiungere scopi particolari per periodi di tempo solitamente limitati. In tale accezione la rete è anche un sistema di collegamenti aperti generativo di piani, progetti, azioni, innovazione.
Tanto lo strumento programmatori PdZ quanto le reti che lo dovrebbero sostenere sono stati aspramente criticati per la loro presunta incapacità di risolvere le mille emergenze quotidiane e di fronteggiare efficacemente i drammatici  effetti della crisi. Una lunga esperienza maturata nell’accompagnamento alla gestione e valutazione dei Piani nella Provincia di Torino e una ricerca valutativa condotta sul campo per il C.I.S.S.P. di Settimo Torinese (2012-1013) hanno consentito di mettere in luce una serie di aspetti critici e di meccanismi che possono pregiudicare il buon funzionamento delle reti e, con questo, inficiare l’efficacia dei Piano. L’analisi svolta a partire dalle evidenze empiriche raccolte ha portato a riflettere sulla qualità delle reti, a ragionare sulle modalità di funzionamento, a riflettere senza pregiudizi sui risultati che producono, gli effetti inattesi che causano e sugli impatti che hanno sulle comunità e sui territori dove vengono implementate.
La domanda fondamentale che ha mosso la ricerca valutativa è stata quindi quella di scegliere cosa osservare per capire se la rete funzionava. In riferimento ai Piani osservati, considerati come sistemi organizzati finalizzati, sembrano particolarmente rilevanti gli aspetti seguenti.
  • 1. Esiste una seppur minima struttura organizzativa. ovvero si riconosce la presenza di un nucleo operativo in grado di tenere i contatti, raccogliere e smistare le informazioni, gestire i tempi, valorizzare le conoscenze che si generano e le risorse che via via si scoprono.
  • 2. Si conoscono bene gli attori in gioco e soprattutto i loro interessi in relazione alle finalità del Piano, e, a fronte di questi, esiste uno sponsor forte, qualcuno che ci crede e tutela la rete e le sue attività in nome di un principio aggregante superiore (agli interessi dei singoli).
  • 3. le diverse organizzazioni hanno un reale interesse in gioco, hanno qualcosa da guadagnare o da perdere; il loro interesse coincide o parzialmente si sovrappone con quello dichiarato dal Piano. Un soggetto partecipa attivamente alla rete solo se percepisce delle concrete opportunità di guadagno (per se o per la sua organizzazione).
  • 4. C’è una forte conoscenza diffusa circa le risorse e le opportunità potenzialmente mobilitabili presenti sul territorio, le organizzazioni, i saperi, le competenze disponibili (formali ed informali); questa informazione viene scambiata e continuamente aggiornata ed alimentata anche attraverso canali informali. Esiste inoltre una consapevolezza diffusa circa l’importanza di queste tematiche.
  • 5. C’è una forte conoscenza e diffusa relativamente alle risorse e alle buone pratiche individuabili anche al di fuori del territorio, quali ad esempio finanziamenti, bandi, concorsi, fiere e meetings. Anche questa informazione viene scambiata e continuamente aggiornata ed alimentata anche attraverso canali informali. Esiste inoltre una consapevolezza diffusa circa l’importanza di queste tematiche.
  • 6. Esistono dei processi minimali che coinvolgono un numero crescente di soggetti attraverso pratiche condivise di gestione delle agende (tempi , eventi ed appuntamenti), dei contatti e delle scadenze (milestones).
  • 7. Esistono archivi aperti e costantemente aggiornati che catalogano le risorse formali ed informali disponibili sul territorio (imprese, artigiani, associazioni, istituzioni, amministrazioni)
  • 8. Esistono e sono costantemente messi a punto semi-lavorati amministrativi ovvero bozze di accordi accordi, pre-accordi, dichiarazioni di intervento, strutture di A.T.I. partnership pre-codificate, e altri  materiali che rendano immediata l’attivazione di specifici segmenti di rete per realizzare progetti, fronteggiare emergenze, concorrere a bandi, ricercare e catturare finanziamenti.
  • 9. Esistono e sono utilizzati strumenti comuni per il monitoraggio e la valutazione delle singole azioni o progetti quali ad esempio, strumenti e procedure comuni per valutare la soddisfazione degli utenti.
  • 10. Esistono pratiche sistematiche di confronto e benchmarking tra gli attori che appartengono alla rete che consentono un miglioramento continuo e stimolano i processi di apprendimento (queste pratiche possono esistere solo se c’è fiducia reciproca).
  • 11. Esistono pratiche di informazione, formazione, presentazione e comunicazione che coinvolgono i vari attori associati alla rete.
  • 12. Esiste un patrimonio di fiducia tra le persone che sono alla guida delle organizzazioni e/o tra le persone delegate a mantenere i rapporti tra le diverse realtà collegate, continuamente sostenuto da comunicazioni informali (oltre che formali).
  • 13. Le persone che fungono da snodo e contatto tra le organizzazioni si stimano reciprocamente e sono realmente legittimate all’interno delle rispettive organizzazioni.
  • 14. Tutti gli incontri e le modalità di lavoro sono organizzati in modo ineccepibile, con obiettivi chiari, feedback, risultato percepibile dopo ogni appuntamento; le persone devono desiderare di poter partecipare.
La presenza di questi criteri sembra in grado di garantire quella struttura minima che è indispensabile per il funzionamento di una rete capace di attivarsi tempestivamente e di restare vitale nel tempo. La qualità della rete tuttavia si riconosce dai frutti che genera: sono questi il vero motore che consente alla rete di funzionare, ampliarsi e migliorare attraendo nuovi protagonisti, espellendo gli ignavi e gli incapaci, rafforzando i motivati e coloro che si impegnano. La rete deve e non può che essere un meccanismo dinamico di incentivazione, di “premio” e di apprendimento; essa collassa quando gli attori coinvolti non riconoscono più nell’agire comune un valore connesso ad interessi  concretamente raggiungibili.
L’esperienza condotta sul campo nel caso dei PdZ suggerisce che i frutti generati dalla rete (che sono il carburante per muoverla) siano i seguenti.
  • 15. Apprendimento costruito tra e con gli attori coinvolti. Una rete si configura come un sistema di relazioni aperto dove l’apprendimento, necessario, viene molto favorito; segno distintivo di una rete funzionante è la diffusione della capacità di deutero-apprendimento (imparare ad imparare).
  • 16. Aumento dell’autoconsapevolezza a livello organizzativo e personale. Il confronto sistematico dovrebbe garantire la riflessione, la conversazione, lo scambio di esperienze che sono modalità molto importanti in contesti caratterizzati da un alto rischio di burn out.
  • 17. Condivisione dei saperi e delle informazioni relativi al significato, allo stato, alla diffusione e alla evoluzione dei bisogni della popolazione.
  • 18. Aumento e diffusione della conoscenza circa le risorse e le opportunità disponibili ed attuabili sul territorio.
  • 19. Aumento della creatività a livello di sistema con individuazione di risposte innovative, strategie di innovazione sociale,  progetti che consentono di superare lo satu quo.
  • 20. Presenza di cambiamenti apprezzabili  nei comportamenti, atteggiamenti, conoscenze, modi di funzionamento, dei soggetti coinvolti che vadano nella direzione della motivazione, del recupero delle dimensioni valoriali ed etiche del proprio lavoro sociale.
  • 21. Scambio tra i partner di informazioni, saperi, relazioni, conoscenze e, soprattutto di strumenti, procedure e metodi che possono diventare un patrimonio condiviso all’interno della rete liberando risorse per usi più utili.
  • 22. Diminuzione dei costi complessivi e generali del sistema (e delle singole organizzazioni) a causa dei minori costi di raccolta delle informazioni, semplificazione dei processi di scambio ed amministrativi, uso di strumentazione condivisa, possibile eliminazione di attività duplicate.
  • 23. Aumento delle entrate attraverso l’acquisizione di bandi e finanziamenti a progetto.
  • 24. Uscita dalla autoreferenzialità che blocca persone ed organizzazioni nel mondo dei servizi sociali (e sanitari) ed apertura al mondo della produzione, del mercato diminuendo la cesura tra chi produce e chi cura aprendo nuovi scenari per il welfare di comunità.
  • 25. Produzione di progettualità condivisa e partecipata sviluppata in reale collaborazione tra i partner coinvolti.
Lo scopo ultimo della rete rimane la risoluzione dei bisogni delle persone, la promozione del benessere della popolazione che risiede sul territorio. Per far questo la rete deve avere la forza per modificare un quadro ideologico che pone servizi sociali (e sanitari) al fondo della catena di riproduzione sociale, con lo scopo di lavorare su quanti da questo processo sono marginalizzati ed esclusi. Il riconoscimento della genesi del bisogno indica invece chiaramente che il mondo dei servizi deve suggerire e fare pressioni affinché siano rimosse le cause più evidenti che stanno alla radice della produzione del danno (si chiamino esse promozione del gioco d’azzardo, inquinamento e cementificazione selvaggia, imposizione di modelli culturali improntati alla violenza o altro ancora). In tal modo diventerà molto più facile verificare quei risultati attesi e quegli impatti prodotti dalla rete il cui riconoscimento diventa sempre più urgente, in particolare:
  • 26. Aumentare la resilienza del territorio e la sua competitività attraverso l’incremento della qualità dei servizi offerti.
  • 27. Migliorare la  qualità della vita dei soggetti deboli e svantaggiati partendo dal presupposto della fragilità del ciclo di vita delle persone.
  • 28. Mantenere ed aumentare il capitale sociale locale, vero patrimonio diffuso che una malintesa e perniciosa idea di crescita ha quasi completamente distrutto.
Una rete efficiente ha lo scopo non secondario di sensibilizzare e di orientare il sistema sociale (locale) verso azioni collettive che si fondino sulla presa d’atto della fragilità che tutti ci contraddistingue e sulla importanza dominante dei beni comuni e collettivi che ci sono indispensabili per vivere.
Possono sembrare forse obiettivi troppo ambiziosi (anche da valutare) ma, in fondo, a cos’altro dovrebbe servire una rete?
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One Response to “28 elementi da osservare per valutare la qualità della rete nel Piano di Zona”

  1. avatar
    Bruno Vigilio Turra says:

    Per chi volesse approfondire ulteriormente. Il contesto generale entro cui si colloca la tematica trattata nel post, dove vengono inquadrati i riferimenti generali relativi al tema della Pianificazione e Programmazione sociale si trova al link seguente: https://sites.google.com/site/programmazionesociale/home/box-di-approfondimento/i-piani-di-zona
    Lo strumento del Piano di Zona è (o forse era) uno strumento estremamente interessante per sviluppare politiche sociali integrate; 14 anni dopo la Legge 328/2000 che istituiva i Piani la sensazione è che in molti casi le aspettative siano andate deluse. Per fortuna con molte eccezioni che si sono sviluppate laddove il compito è stato affrontato con spirito innovativo, rifiutando la logica del mero adempimento burocratico.

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