Tutti parlano di cambiamento dentro le organizzazioni ma chi ci lavora sa che non esiste cosa più difficile da realizzare; spesso i progetti di cambiamento falliscono ed altre volte producono effetti inattesi e indesiderati. Ecco una serie di raccomandazioni per governare al meglio questo tipo di processo.
Il tema del cambiamento occupa una posizione non marginale nelle scienze sociali, e, in particolare, nei campi operativi della strategia, del management, della governance, della gestione e valutazione e del miglioramento organizzativo. Progetti e programmi sono, nella sostanza, sistemi di azioni mirate ad ottenere un qualche tipo di cambiamento che è solitamente espresso nei fini e negli obiettivi e che viene descritto empiricamente dai risultati attesi per specifici sistemi organizzati, istituzioni o insiemi di persone. Il raggiungimento di tale cambiamento implica sempre più spesso un cambiamento anche da parte di tutti quei soggetti che partecipano a vario titolo alla produzione del programma e ai quali vengono richieste modifiche di opinioni, comportamenti, atteggiamenti oltre ad un impegno costante per alimentare un processo di apprendimento continuo. L’insuccesso di un progetto può dunque essere definito (anche) come un fallimento nel cambiamento dei gruppi e degli insiemi di persone direttamente e indirettamente coinvolti nel processo di implementazione. Con molto sense of humor il libro \”Chi ha ucciso il cambiamento\” (Blanchard K., Britt J.) affronta queste tematiche entrando nel merito della strategia di cambiamento organizzativo. Ecco liberamente adattati alla luce dell’esperienza personale i temi chiave che è bene tenere sotto controllo; un primo gruppo riguarda l’analisi, l’organizzazione e pianificazione dell’intervento.
1.Sponsor. Un progetto funziona se c’è un responsabile, un dirigente dotato del necessario potere decisionale, formalmente preposto alla allocazione delle risorse, uno “che ci crede” e che risponda degli effetti “mettendoci la faccia”, uno che sappia assumere comportamenti adeguati a sostenere l’iniziativa, che sappia guidare e sostenere un gruppo di cambiamento, che sia in grado di far emergere i timori e di offrire adeguati incentivi.
2.Squadra. Un progetto funziona se c’è un gruppo che guida il cambiamento in stretta connessione con lo sponsor attuando strategie appropriate,. comunicano in modo coerente, a partire da un forte unicità di vedute, generando motivazione.
3.Cultura. Essa determina gli atteggiamenti, le convinzioni e i comportamenti dominanti che caratterizzano l’organizzazione e che indicano “il modo in cui si fanno le cose qui”; alcuni di questi elementi possono essere coerenti con il cambiamento e favorirlo, altri essere avversi ed ostacolarlo. Tra questi ultimi principali sono la paura, l’attaccamento allo statu quo, il rigido rispetto per le norme.
4.Comunicazione. Crea opportunità di dialogo tra la “squadra di progetto” chiamata ad “implementare” il cambiamento, i portatori di interesse e in generale tutti soggetti coinvolti. Necessita di informazioni ma non è riducibile a queste.
5.Visione. Traccia un quadro chiaro e coerente di come sarà il futuro, dopo il cambiamento collocandolo all’interno della missione, della strategia e della visione generale; dovrebbe permettere ad ognuno di prefigurare una positiva situazione personale negli scenari futuri.
6.Piano. Definisce le azioni di progetto anche in relazione alle altre attività che vedono coinvolta l’organizzazione e disegna le infrastrutture necessarie a sostenere il cambiamento. Più del prodotto è importante il processo che porta alla redazione del piano.
7.Senso di urgenza. Crea lo stato di giusta tensione che spinge all’azione, porta ad avvertire un diffuso bisogno di cambiare, mostra il “perché” del cambiamento e ne determina i ritmi e i tempi.
8.Budget. Consente di finanziare l’intervento e, in linea di principio, di verificare in seguito i ritorni ottenuti con l’investimento.
Un secondo gruppo è centrato maggiormente sulle persone implicate nel processo di cambiamento, sulla motivazione e sull’apprendimento.
9.Formazione. Offre esperienze di apprendimento mirate in modo che le persone coinvolte possano acquisire le competenze per sostenere il cambiamento.
10.Impegno. Determina la “motivazione e la risolutezza” con cui il singolo coinvolto reagisce alle modifiche imposte dal cambiamento. Si regge sulla attivazione di risorse e sentimenti positivi, e, spesse volte, implica il dialogo tra sostenitori del cambiamento ed oppositori, soggetti che vanno sempre riconosciuti e che possono essere guadagnati alla causa.
11.Incentivi. Sono la panacea degli economisti: attraverso di essi si riconoscono premi e meriti dei singoli per rinforzare i comportamenti e sostenere i risultati favorevoli al cambiamento. Richiedono la conoscenza delle motivazioni intrinseche ed estrinseche dei singoli e il governo dei meccanismi premianti efficaci.
12.Gestione e valutazione della performance personale. Stabilisce obiettivi e misura i risultati e i progressi compiuti a livello dei comportamenti personali e di gruppo, segnala le necessita di formazione e sostiene i processi di documentazione e rendicontazione.
13.Responsabilità. Segue le persone singole, accompagnandone lo sviluppo, per verificare che i risultati siano conformi agli obiettivi e alle aspettative.
Il governo strategico di questi 13 fattori consente un buon approccio al cambiamento; c’è da chiedersi tuttavia se tutta questa enfasi sul cambiamento non nasconda l’ennesima moda consulenziale e un atteggiamento ideologicamente acritico che fa del cambiamento un fatto positivo in se stesso. Ma il cambiamento è sempre un bene? È davvero necessario in ogni caso e ad ogni costo? Le persone dovrebbero accettarlo acriticamente supponendo che porti vantaggi per tutti? I professionisti dovrebbero implementarlo comunque, semplicemente perché sono pagati per farlo? Per quale motivo un febbrile attivismo dovrebbe essere sempre preferibile alla più tranquilla routine, purché funzionante?
2 Responses to “13 idee per sostenere il cambiamento e qualche domanda”
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Il commento di Marco mi spinge a sottolineare l’importanza della flessibilità e della tempestività; la prima da intendersi come capacità creativa di adattamento al contesto mantenendo la centratura sul piano, sulla missione, sui fini e sui i valori che danno senso alla visione; la seconda pensata come capacità di cogliere l’attimo più propizio, il tempo e il momento favorevole per avviare il processo di cambiamento e lanciare le varie attività che lo compongono.
Molto azzeccati i 13 punti chiave del cambiamento: una ottima check list per una valutazione ex ante applicabile a tante diverse tipologie di interventi (personalmente ho provato ad applicare la lista agli interventi di promozione della salute ed ho trovato che si adattano magnificamente!).
In relazione al terzo tema (Cultura) mi sentirei di sottolineare l’importanza di prendere in considerazione non solo la cultura dell’organizzazione, ma anche quella, per così dire, dell'”ambiente” in cui l’organizzazione è inserita. Penso, per esempio, alla difficoltà di trasferire, tout court, certi modelli organizzativi propri del mondo anglosassone al nostro contesto culturale, o propri del privato al pubblico.